13 maggio 2013

Down to the ground

Non ho più fiato.
Fiato per dire, fiato per gridare, fiato per essere puntuale.
Temo me stessa. Questa volta mi prendo sul serio.
Matassa, di un groviglio senza principio né fine.
Disorientata fino alla vertigine.
Irrisolta e sconfitta come lacci di raso. Quelli che si disfano sempre.
È questo dunque, il crollo.
Crollo opacità zero percento.
L'essere madre è l'unica certezza.
Ma a questa madre manca troppo la sua.
E il vuoto, oggi, è un dolore che si fa spazio.

17 dicembre 2012

Beati siano gli angeli della Thun

Eccolo arrivato. L'ultimo convivio, quello dove si disperde anche la compagnia più formale.
Sei uscita di scena con sipario scarlatto nella mestizia della sera.
In alto i calici della delusione per brindare alla neonata associazione di reciproca esclusione.
Sagra della fregatura, per avere conferma che le pippe sono solo mie.
Accetto il consiglio di chi ha assaggiato questo bitter sgasato: dirigo la consapevolezza sull'aria che entra ed esce dalle narici, respiro con il diaframma e faccio Mula Bandha.
Incarterò questo pacco per farlo volare dalla finestra a Capodanno, anche solo per la transitorietà di un' epifania d'artificio, purga di buon auspicio.
E anche per lasciare tutto lo spazio al caveau blindato di un dolore tutto mio e solo mio che è ben più atroce e che, inesauribile,  mi abrade lo stomaco di ossessione e punizione. 
E tu, ora, non sei che un decimale tra quel milione di combinazioni apparentemente possibili per accedere alla mia segreta.
L'ultimo sorso di bitter, e il vetro è nella campana prima della fine del mondo.

29 ottobre 2012

Cronaca di una fuga, o più. (parole Sue, piedi miei)


Perché reggono l’intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.


Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.


Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.


Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.


Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l’appoggio.


Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.


[Erri De Luca, Elogio dei piedi]












10 agosto 2012

In Pali = Kamma

Tra due giorni due voleremo verso Est,  Sud-Est. 
Qualche scalo prima di toccare the Golden Land: il Myanmar, la Birmania, il Burma. Inebriarci dei suoi fiori e perderci tra zedi, pahtoS e pagode. 
Obiettivi:
 - insegnare a Ndagije ad attorcigliare noodles con le bacchette e a mollare le sue scarpe nel mucchio di infradito sciolte fuori dai templi, accettando la loro possibile sparizione una volta uscito in modalità non rissosa.
 - sorprendere i suoi occhi sgranati e giulivi di fronte al garbo e alle premure che gli riserveranno, farlo godere dei sorrisi che istintivamente corrisponderà.  

Il neofita sarà accompagnato dai suoi fratelli quasi nativi orientali.
Già me li vedo, fare i saputelli su iconografie buddiste, bon ton a tavola e traduzioni di menù asiatici, esperti di flora e fauna locali.
Mi ride un po' il culo. 
Finalmente, dopo anni di asia-zaino-in-spalla-con-nani-al-seguito-spesso-e-volentieri-rompi-balle-per-la-serie-mai-fatta-una-vacanza-in-undici-anni, stavolta intravedo la possibilità di trarne finalmente l-e-t-i-z-i-a!
E che la pace sia con noi. Thwà me naw.

22 luglio 2012

Due di due


Io e Lucia Moholy - sposa di Lazlo - da qualche anno trascorriamo le vacanze insieme.
Le mangio di fronte invidiando la perfezione delle sue linee e il pendente a forma di chitarra. Farei pazzie per averlo, davvero.
Lei, fotomontata dal virtuoso Florence e ristampata dal Museo cantonale d'Arte Moderna di Lugano in lode al Bauhaus.
Lei, che son due ma di cui io ne posseggo quattro. Due spose di Lazlo per la casa delle vacanze e due per la casa delle tre stagioni e mezzo.
Ma nella casa grande, dove ho deciso di rigare dritto, ancora non è stata verticalizzata.
E' venuto il tempo, decretata la concessione di integrarla nel nucleo e guardarla dritta negli occhi.
Se lo merita. Ce lo meritiamo.
E' sempre stata una complice correa, diaframma sensibile alle impressioni, viraggio salvifico di regimi turbolenti.
Lucia, quando torno dalla Birmania - giuro - ti metto nello stato di famiglia.

10 luglio 2012

Filastrocca del viaggio


Viaggio all’andata, viaggio al ritorno
Giorno di notte, notte di giorno
Il tempo gira all’incontrario
Non c’è più sonno, non c’è più orario
Non c’è più sonno, ma c’è più fame
Casa è lontana, senti il legame
Il mondo è grande, ma non sei solo
Anche il coraggio ti segue in volo
Bello partire, bello arrivare
Ma soprattutto, bello viaggiare.

Con promessa di fuso-cronaca.

29 marzo 2012

29 marzo 2011 - 29 marzo 2012: linee, oggetti e riempimenti.

Un anno fa esatto mi imbarcavo su un uccello dell'Ethiopian Airlines.
Andavo da Ndagije a Kinshasa con la solita incoscienza che mi salta(va) in groppa a tradimento.
Un brindisi all'incoscienza. La mia terza incoscienza.




Jet lag.
Birra Primus e manioca.
Occhi che giurano amore.
Rosso scarlatto sulla polvere delle impressioni.
In contromano su una bici senza freni.
- vederti mi straccia il respiro -
Ti disegno e ti decoro.
Flussi di pensieri senza corpo.
Mappe scavate sulla mia fronte
che brilla di sudore.
Sfoglio le mie pagine di occhiaie, fatica e mascara
mentre mi copio allo specchio
con le braccia tese sotto l'acqua corrente.
Il fiato risucchiato dal mulinello.
Gira con me, ma dammi la mano.





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